PASSEPARTOUT IV EDIZIONE XI PUNTATA domenica 30 gennaio, ore 13,20 FLICK E FLOCK AI CONFINI DELLA CONTEMPORANEITÀ
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"Passepartout", il programma d'arte e cultura di Rai Tre, scritto e condotto da Philippe Daverio, inaugura l'anno nuovo con un'indagine ai confini estremi dell'espressione contemporanea. L'ipotesi sviluppata nel corso di questa puntata propone una visione comparata di quei due opposti estremismi che regolano l'espressione artistica nordica (mondo germanico e anglosassone) e quella più marcatamente mediterranea e latina. La prima si svolge in un mondo oggettuale, tende all'accumulo, si preoccupa essenzialmente di generare stupore sia concettuale che materiale; la seconda invece tende maggiormente alla riflessione, ricercando analiticamente una coerente definizione dello stile, ritrovando nella forma e nei mezzi espressivi la propria ragion d'essere e il suo contenuto. Entrambe sembrano volgersi all'indietro, come se, in un momento di crisi d'identità dell'occidente, i popoli tentassero una rifondazione radicale della loro lingua tornando alle origini ancestrali. Forse proprio a dimostrazione di come tra questi opposti estremismi dell'arte contemporanea odierna si insinuino talvolta meccanismi di contaminazione sottili, l'osservazione della linea espressiva di matrice nordica parte curiosamente da Napoli dove è in corso al Museo Archeologico Nazionale una mostra del britannico Damien Hirst ("Damien Hirst, The Agony and the Ecstasy, Tormento ed Estasi"), uno degli artisti attuali più controversi e discussi. Hirst lavora sezionando mucche e altri animali che poi conserva sotto formaldeide, oppure con mosche utilizzate in varie declinazioni, sia da vive che da morte, mirando a ricostruire e a rispecchiare il ciclo della vita e il conflitto esistenziale col quale ciascuno di noi si confronta nella vita di tutti i giorni, nel proprio intimo e nel rapporto con gli altri. Con una forte inclinazione che tende comunque soprattutto a stupire, ad ironizzare, a parodiare, e dove la connessione logica può anche diventare marginale. La stessa dimensione ideale si ritrova in una grande mostra, "Friedrich Christian Flick Collection", che si sta tenendo in questi giorni a Berlino, all'Hamburger Bahnhof. Sul piano etico questa mostra sta suscitando in Germania una forte scia polemica, a causa delle origini delle ricchezze economiche dello stesso Christian Flick, accumulate grazie alle eredità del nonno, che fu un industriale pesantemente coinvolto nelle vicende più tragiche del regime nazista. Daverio sofferma comunque la sua attenzione sulla collezione: un accumulo gigantesco di oggetti, opere e pensieri dove sembra quasi emergere la rivelazione dell'identità del popolo germanico e anglosassone. Non ci sono infatti artisti latini, nessun francese, italiano o spagnolo. A parte una rapida citazione di Francis Picabia, il Mediterraneo è severamente escluso. Tra bizzarrie espressionistiche, ironie erotiche, esasperazioni concettuali, anche in questa mostra come in quella di Hirst, lo stupore sembra essere la sensazione dominante che coinvolge lo spettatore. Una sorta di percorso espositivo che suscita la meraviglia da tunnel delle streghe del luna park e che per realizzarsi necessita di un'arte oggettuale che assomiglia all'antico meraviglioso bottino che le tribù accumulavano fra le tende e i fuochi durante i momenti festosi. A tutto ciò si contrappone l'altro estremismo, barocco, simbolico, linguistico, che caratterizza alcune ricerche pittoriche tra le più estreme dell'area del mediterraneo. Daverio lo affronta compiendo una suggestiva indagine che ha raccolto le testimonianze dirette di alcuni di questi pittori all'interno dei loro studi. Adriano Pompa a Milano, analitico testimone di un mondo fantastico tra antico e moderno, impegnato in un linguaggio che sembra cercare le frontiere del futuro nelle radici del passato. Agostino Arrivabene a Gradella, nei pressi di Milano, simbolico, nostalgico, attento al modo antico di dipingere. Giovanni Tommasi Ferroni a Roma che prosegue sulla scia del padre Riccardo che utilizzava questo modo di dipingere all'antica in un momento in cui era giudicato esteticamente intollerabile. Vincenzo Sorrentino a Pietra Vairano, in provincia di Caserta, folgorato dalla pittura barocca napoletana del '600, della quale ha voluto ritrovare i segreti tecnici più remoti. Un discorso filologico e metastorico, non di imitazione, perché l'arte non ha necessariamente un excursus progressivo ma può ripetersi a grandi distanze nel tempo nei contenuti, nelle forme, nelle tecniche, assumendo anche nuovi significati. Un'arte di rifondazione, che sorge in un momento di grande caos nel tentativo di ricostruire ciò che sentiamo che sta per essere distrutto. |
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